Parto – fase prodromica: cos’è, quanto dura, come affrontarla

Quando si parla di parto, ci si concentra spesso sulle fasi del travaglio e dell’espulsione, ma in realtà il parto è composto da tre fasi, la prima delle quali si chiama “periodo prodromico“. Scopriamo insieme a cosa serve e come possiamo affrontarlo al meglio.

Quello del parto è un momento talmente traumatico e intenso che il nostro corpo ha bisogno di arrivarci gradualmente. Per questo nelle settimane che precedono il lieto evento (in genere dall’inizio del terzo trimestre), in contemporanea con il calo di progesterone, l’utero comincia a fare qualche “prova generale” sperimentando le prime contrazioni. Queste risultano più che altro indolori e servono sia alla mamma che al bebè per prendere confidenza con questi improvvisi “indurimenti”. Intanto le prostaglandine ammorbidiscono utero e collo dell’utero. Se il bebè non è podalico, la sua testolina comincia a incanalarsi, provocando ulteriori contrazioni.

Il collo dell’utero, sollecitato dalle prostaglandine, dalla pressione della testolina e dalle contrazioni, comincia ad accorciarsi e successivamente ad aprirsi. A questo punto può avvenire la famosa “perdita del tappo“. Il tappo cervicale (o tappo mucoso), una sostanza bianca, densa, inodore e mucillaginosa, di solito striata di sangue che impedisce la risalita nell’utero di microrganismi patogeni, può infatti scivolare via al momento dell’apertura del collo dell’utero. Questo non significa per forza che il parto sia imminente: potrebbe mancare ancora qualche giorno o addirittura qualche settimana. La fase prodromica può infatti durare da alcune ore a qualche giorno ed è caratterizzata da contrazioni di intensità crescente ma dalla frequenza irregolare.

Oltre alla perdita del tappo, durante la fase prodromica di solito si verifica anche la rottura del sacco (comunemente conosciuta come “perdita delle acque“). Il feto, premendo contro il sacco amniotico, ne provoca la lacerazione e il liquido amniotico. A differenza di quanto ci viene mostrato nei film, però, la rottura del sacco non provoca sempre una fuoriuscita copiosa e improvvisa. A volte infatti il liquido può uscire “a rate”, in piccoli rivoli che possono anche essere scambiati per perdite di urina. In alcuni casi il sacco non si rompe affatto e sarà l’ostetrica, in ospedale, a provocarne la lacerazione (tranquille, è una manovra assolutamente indolore).

Insomma, che manchino poche ore o pochi giorni al lieto evento, una cosa è certa: dovete cercare di passare il periodo prodromico nella tranquillità di casa vostra. Recatevi in ospedale solo quando le contrazioni saranno dolorose e regolari e/o se si è verificata la rottura del sacco (nel caso il liquido amniotico risulti “sporco” evitate di pulire casa e recatevi subito in ospedale!).

Rilassatevi, leggete qualcosa, concedetevi una doccia calda e cominciate a prendere nota della frequenza con cui si presentano le contrazioni. Chiudete la borsa per l’ospedale e non dimenticate di inserirvi anche i vostri esami e i documenti d’identità. Quando le contrazioni si faranno regolari (almeno una ogni 10 minuti) recatevi con calma in ospedale o, se la struttura si trova distante da casa e non volete correre il rischio di fare un viaggio a vuoto, fate una telefonata in reparto e chiedete consiglio a un’ostetrica.

Sta per cominciare la vostra avventura!

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